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Seafuture e il dovere di una scelta etica per Gaza

a cura di in data 18 Agosto 2025 – 22:38Nessun commento

Marwan Barghouti prima del 2002 e nel 2025
(archivio Giorgio Pagano)

Città della Spezia
di Giorgio Pagano

Le due fotografie all’inizio dell’articolo ritraggono il palestinese più temuto dal governo di Israele: Marwan Barghouti, ribattezzato “il Nelson Mandela della Palestina”, l’unico uomo politico capace di unire tutti i palestinesi. A sinistra c’è Barghouti prima del 2002, quando fu arrestato e imprigionato per colpe che non ha mai ammesso. Barghouti è recluso in detenzione solitaria dall’ottobre 2023. Nei giorni scorsi ha ricevuto la “visita” del ministro israeliano Ben Gvir, che gli ha detto “Non vincerete. Chiunque agisca contro Israele verrà sterminato”. A destra c’è il Barghouti  di oggi, quello del video diffuso da Ben Gvir: un uomo inseguito, braccato, umiliato persino nella sua cella di isolamento.
Il suo viso, il suo corpo, le catene nelle sue mani sono un simbolo.
Lo ha spiegato molto bene lo scrittore Matteo Nucci:
“Nei pochi secondi di questo video c’è un uomo fisicamente smisurato che insulta un uomo pelle e ossa e in manette, promettendogli rovina. Quest’uomo provato dagli stenti, ascolta, forse dice qualche parola, ma è lì in piedi, e nonostante sia lo spettro di quel politico pieno di vita entrato in galera ventitré anni fa, appare ancora quello che è sempre stato, un essere umano. Tanto che la sua individualità diventa gigantesca.
[…] Marwan Barghouti è tornato. Un video lo ha mostrato vivo e anche chi non ne sapeva nulla adesso conosce il suo nome.
[…] Tra marionette che si scambiano la mano e si rendono l’onore dell’orrore in cerimonie ridicole, è un individuo quasi evanescente a prendersi la ribalta. L’uomo ammanettato, inerme, ma pieno di un orgoglio e di una dignità che reclamano ascolto. La sua storia torna in pagina sui giornali disposti a raccontarla. E la sua umanità umilia chi di umanità è privo”.

Un amico palestinese mi ha inviato le due fotografie accompagnate dalla frase “Oh montagna, nessun vento  può scuoterti!”. E poi: “Marwan, conosco il tuo spirito e la tua determinazione, e so che rimarrai libero, libero e libero”.
Il popolo palestinese è colto, è paziente, è visceralmente attaccato alle sue tradizioni e alla sua terra. Non si arrenderà mai.
Nemmeno ora, quando è chiaro che la decisione del governo israeliano di occupare tutta Gaza rappresenta il punto finale di un piano dichiarato da tempo: rendere la Striscia non più abitabile per i palestinesi. Nella stessa direzione va il piano di espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania. Netanyahu lavora al “trasferimento volontario” in Sud Sudan, Somaliland, Uganda, Libia. Ma i palestinesi non lo accetteranno mai. Dovranno essere “deportati”. Se Israele non sarà fermato si arriverà anche a questo. Chi potrà dire ai propri discendenti: “Non sapevamo”?
Oggi ha poco senso promettere di riconoscere lo Stato di Palestina: la Palestina sta estinguendosi, e da tempo non può divenire Stato perché è sempre più occupata o dall’esercito o dai coloni.
Israele può essere fermato solo con il boicottaggio, le sanzioni, le misure punitive. Non bastano i gesti verbali. Il misfatto degli americani è l’appoggio a Israele, quello degli europei – quando non è anch’esso appoggio – è l’inazione. Che è il frutto della paura delle reazioni che avrebbe Donald Trump.
Ecco perché è importante la decisione che verrà presa dalla Regione Liguria e dai Comuni della Spezia, Lerici e Porto Venere sul patrocinio a Seafuture, la manifestazione in programma dal 29 settembre al 2 ottobre prossimi in Arsenale. Se la Marina Militare israeliana ha comunicato, non sappiamo in quale modo, che ha declinato l’invito a partecipare, resta però l’invito degli organizzatori a tutte le altre rappresentanze istituzionali e militari di Israele. Qualora permanga questo invito, il patrocinio va revocato, come ha chiesto la Rete spezzina Pace e Disarmo.
A Marwan Barghouti e ai palestinesi che stanno morendo importa fino a un certo punto il nome che noi diamo alla mattanza. Importa soprattutto che l’orrore finisca. Che cessino le forniture d’armi, le relazioni diplomatiche ed economiche con Israele, i nostri investimenti nell’economia israeliana: tutto ciò che rende possibile il massacro. Queste misure sono di un’urgenza insopportabile.
Non ho francamente compreso l’intervento del Sindaco della Spezia che difende Seafuture ma non fa il minimo cenno alla richiesta che concerne la presenza di Israele. La Rete spezzina Pace e Disarmo non ha fatto alcun comunicato in merito, e come sempre lascia alle singole associazioni la decisione se aderire e come alle mobilitazioni “Riconvertiamo Seafuture”, promosse da un apposito coordinamento.

Gianni Berengo Gardin al Palio 2005
(archivio Enrico Amici)

Su questo punto interverrò nella rubrica e mi farà piacere dialogare, se lo vorrà, con il Sindaco: sul rispetto della legge 185 che vieta al nostro governo e alle nostre aziende di esportare armi a Paesi “in stato di conflitto armato” e i cui governi “sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”; e sulla necessità di evitare alla Spezia, come già successo drammaticamente in passato, i rischi di un peso eccessivo dell’industria militare. Ma ora non è questo il punto. Il punto su cui si scrive in tutti i media nazionali è un altro: Israele non va invitato a Seafuture; se l’invito non viene revocato il patrocinio di Regione e Comuni va revocato.
E’ la questione che ho posto anche domenica scorsa:
https://www.cittadellaspezia.com/2025/08/10/caro-sindaco-esprimi-oggi-il-nostro-rifiuto-dellinumano-612424/
Come ha scritto lo storico Antonio Gibelli:
“Gaza costituisce un punto di svolta nella coscienza civile mondiale. Israele sta procedendo allo sterminio sistematico della popolazione palestinese. Fa tutto questo alla luce del sole. Ecco perché questo crimine cambia il senso della storia, in termini di etica, non di geopolitica”.
Se restiamo inattivi, continuiamo ad essere responsabili, in senso etico prima che politico: sia del genocidio in atto sia delle conseguenze globali sulla legalità internazionale, sempre più sfregiata dalla “legge della giungla”.

Post scriptum
L’articolo di oggi è dedicato al grande fotografo Gianni Berengo Gardin, scomparso nei giorni scorsi. Iniziò a dedicarsi alla fotografia all’inizio degli anni ’50. Da quel momento non smise mai di fotografare, accumulando così un archivio monumentale capace di raccontare l’evoluzione del paesaggio e della società italiana – delle città di mare in particolare – dal dopoguerra a oggi.
Lo invitammo alla Spezia nell’estate del 2005. “Io vado in giro e vedo istanti di vita che mi sembrano interessanti e scatto”, diceva. Lo fece anche a Spezia. Quell’anno fotografò il Palio. Nella foto che vedete in basso ci sono anche, dietro di lui, Enrico Amici e Gabriele Zani, e in basso Mauro Frascatore. La foto fu scattata, probabilmente, da Cesare Salvadeo. Ma Berengo Gardin fotografò anche gli spezzini, con tantissimi scatti che furono esposti in Passeggiata Morin. Sarebbe di grande interesse poterli rivedere in una mostra dedicata a colui che fu definito “il Cartier-Bresson italiano”.

Giorgio Pagano

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