Trump e l’Europa cambiare agenda e classi dirigenti
Nelle classi dirigenti europee si parla sempre più apertamente di guerra in Europa. Che non potrebbe non diventare una guerra mondiale. Riemerge il nucleo maledetto della prima metà del Novecento: la guerra come maligna protagonista della storia. Dopo la seconda guerra mondiale l’Europa parlava di pace, di equilibrio, di sicurezza per tutti, di disarmo. L’orizzonte era la pace, ora è diventato la guerra. E’ un cambiamento di portata storica.
Occorrerebbe un potentissimo movimento internazionale per invertire la rotta ed evitare la catastrofe, ma ancora troppo poco si muove. Si muovono le persone, per fortuna. Ma non le classi dirigenti.
L’avvento di Trump rivela che la storia a dominio occidentale è finita, ed è finita la sua ultima versione: il capitalismo a versione neoliberista. Trump è alle prese con il declino della supremazia globale americana. Così si spiegano i dazi da lui usati come arma ricattatoria nei confronti di Brasile, India, Sudafrica, per frenare l’ascesa del gruppo Brics che include Russia e Cina: sono i due terzi del mondo. Da qui il suo profondo disprezzo per l’Europa. Da qui il suo sostegno dissennato a Netanyahu e al folle progetto di “soluzione finale” del problema palestinese.
Il problema principale all’avvio di un’altra Storia, tuttavia, non è Trump. Sono le nostre classi dirigenti della politica, della comunicazione, della cultura. In Europa lo spettacolo è umiliante: le classi dirigenti hanno piegato la testa sullo scriteriato aumento al 5% del Pil in larga parte finalizzato ad acquistare armi americane; hanno accettato di comprare a Washington il gas necessario alle nostre economie a un prezzo 3-4 volte maggiore di quanto pagato prima alla Russia; hanno rinunciato a ogni tassazione delle multinazionali statunitensi; non elevano sanzioni a Israele, le uniche in grado di spogliare i suoi governanti dell’arroganza dell’impunità.
Servirebbero un altro ordine internazionale e un altro ordine interno.
Sul piano internazionale l’Europa non ha alcun ruolo perché ha abbandonato la diplomazia. L’Europa è bloccata in un vicolo cieco di russofobia e di bellicismo. Se si inneggia alla vittoria finale dell’Ucraina, si illude e si danneggia ulteriormente il suo popolo. Poche settimane dopo l’inizio della guerra in Ucraina, Zelensky negoziò con Putin un accordo che ancora non includeva cessioni di territori: furono i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna a opporre il veto a qualsiasi trattativa e a imporre il proseguimento della guerra. L’Occidente – l’America di Biden e l’Europa – ha condotto Zelensky a una situazione in cui non ha più il consenso di un Paese stremato e neanche soldati a sufficienza. L’Europa avrebbe dovuto essere un Terzo imparziale e credibile per entrambe le parti, capace di svolgere il ruolo di mediatore, per garantire la sicurezza che chiedono sia l’Ucraina rispetto alla Russia sia la Russia rispetto alla Nato, che si è allargata fino a toccare il territorio russo. E avrebbe dovuto costruire rapporti di amicizia e partnership commerciali con la Cina e con tutti i Brics. Il tema è un nuovo ordine, multilaterale e senza la supremazia di nessuno, con un nuovo ruolo delle istituzioni multilaterali: Onu, Fondo Monetario Internazionale, Banca mondiale. Un nuovo ordine capace anche di far tornare indietro Israele e di cercare di costruire in quella terra massacrata due Stati per due popoli, in sicurezza reciproca.
Sul piano interno, anziché spendere oltre 300 miliardi di euro annui per valanghe di armi americane, l’Europa dovrebbe dedicare queste risorse a rivalutare il lavoro, a migliorare i salari dei lavoratori e i redditi delle piccole imprese, a investire nell’industria, nella scuola, nella sanità, nell’ambiente. Perché tra gli sconfitti ci siamo anche noi, semplici cittadini.
Ordine internazionale e ordine interno sono strettamente connessi.
“Poiché per fare la guerra ci vuole un nemico con cui guerreggiare – spiegava Umberto Eco – la ineluttabilità della guerra corrisponde alla ineluttabilità dell’individuazione e della costruzione del nemico”. Se “scoppiasse la pace” in Ucraina e ciò facesse venire meno il nemico assoluto per l’Europa, contro il quale è stato costruito l’obbligo del riarmo, i governi come convinceranno le loro opinioni pubbliche che bisogna ancora trasferire enormi risorse dagli investimenti per il lavoro e per il welfare alle casse delle industrie belliche?
L’Europa subalterna agli Stati Uniti, atlantista e mercantilista è giunta alla fine. Chi è stato protagonista della tramontata stagione – ha scritto Stefano Fassina – come può interpretare credibilmente un’agenda alternativa? Servirebbe un cambio di classi dirigenti per un cambio d’agenda.
Post scriptum
Le fotografie di oggi sono state scattate nel 2018 a Marrakech, al tramonto, nella piazza Jemaa el Fna. Ero nella città africana su invito dell’Onu, per partecipare a un grande incontro mondiale sul tema dei cambiamenti necessari nella pubblica amministrazione per realizzare gli obbiettivi dell’Agenda Onu 2030. Sette anni dopo siamo in un mondo diverso, pervaso dai nazionalismi: un incontro del genere non potrebbe tenersi. E’ un piccolo esempio del cambiamento di portata storica di cui ho scritto oggi. Marrakech è un esempio anche per altro: si può visitare un quartiere ebraico, con una sinagoga. C’è stato un tempo in cui l’identità di tanti luoghi medio orientali, africani, asiatici, era multireligiosa e multiculturale, e musulmani, ebrei e cristiani convivevano in pace.
Su “Città della Spezia” è leggibile il mio “Marrakech. Diario africano”, scritto dal 19 agosto all’8 settembre 2018.
Giorgio Pagano
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