Diminuiscono i viaggi dei migranti nel Mediterraneo. Ma aumentano i morti
Domani, 16 giugno 2022,
di Luca Attanasio
La newsletter Afriche
I dati che emergono da “No End In Sight” la Rappresentazione grafica pubblicata lo scorso 10 giugno dall’Unhcr, parlano di un aumento dei morti tra i migranti che attraversano il Mediterraneo per provare a raggiungere l’Europa. La notizia, già di per sé allarmante, diventa inquietante se si aggiunge che ciò avviene a fronte di una netta diminuzione, dal 2015 a oggi, del numero di individui che attraversano il Mare Nostrum. In altre parole, sebbene il numero di rifugiati e migranti che attraversano il Mediterraneo per raggiungere il vecchio continente sia in netto calo, le traversate stanno diventando sempre più fatali. Dopo il picco del 2015, infatti, quando più di un milione di rifugiati e migranti raggiunsero il vecchio continente (in gran parte in fuga dalla Siria) via mare, il numero delle persone che affrontano le traversate marine ha registrato una chiara decrescita, anche ben prima delle pandemia. Dal milione del 2015 siamo passati a 373mila attraversamenti individuali nel 2016, 185mila nel 2017, 141.500 nel 2018, 95.800 nel 2020 e 123.300 nel 2021. Sono modelli di vera solidarietà le Ong che mettono in acqua navi che soccorrono e salvano migranti in mare aperto e si battono per l’accoglienza nei porti.
Le vittime
Purtroppo, però, il numero di morti e dispersi resta sempre molto alto: nel 2021, poi, ha raggiunto la cifra di 3.231, più del numero toccato nel 2017 (3.140) quando, però, gli attraversamenti erano stati decisamente maggiori. La rappresentazione grafica dei dati si concentra in particolare sulla rotta che va dall’est e dal Corno d’Africa al Mediterraneo centrale. Il report, spiega bene le rotte che i migranti africani battono e, soprattutto, sottolinea che tutti, a prescindere da censo, sesso, paese di provenienza, età, sono costretti ad affrontare il viaggio affidandosi ai trafficanti. Non esiste un metodo legale per raggiungere l’Europa. Un dato certificato da barriere burocratiche e fisiche ormai evidenti che perpetua un sistema assurdo di regolare i flussi migratori. A tutti i morti in mare, poi, si aggiungono i dispersi, i traumatizzati per un viaggio su imbarcazioni precarie che, oltre agli enormi pericoli potenziali, crea danni irreversibili sulle menti di individui e sui loro corpi (una delle conseguenze più usuali e atroci dei viaggi sui barconi sono le ustioni che occorrono agli arti a contatto con acqua salata e carburante sul fondo della barca), si aggiungono quelli che muoiono, si disperdono, subiscono ogni sorta di abusi, prima di raggiungere le coste.
Dispersi lungo il cammino
Dalle interviste raccolte da chi vi scrive dal 2014 a oggi, così come da dati di organismi specializzati, risulta che per uno arrivato vivo all’imbarco sul Mediterraneo o sull’Egeo, almeno due o tre si perdono lungo il cammino. Se è complesso tenere il triste conteggio di morti in mare – secondo calcoli per difetto sarebbero circa 35mila le persone che hanno trovato sepoltura nel Mediterraneo dal 2000 a oggi, il cimitero a cielo aperto più grande dell’epoca contemporanea – aggiornare il novero di quelli che muoiono nei deserti, nei passaggi di confini tra i più pericolosi al mondo (Mali/Algeria, Etiopia/Eritrea/Sudan, Ciad/Libia etc), nelle carceri o nei lager ciadiani, sudanesi o libici, per citarne solo alcuni, è praticamente impossibile.
Flussi controllati e legali
Questa macabra danza di centinaia di migliaia di individui, quasi la metà dei quali sono bambini (molti non sono accompagnati da adulti), è uno dei più grossi e terrificanti paradossi dei nostri tempi. Da questa parte del mondo assistiamo a questa mattanza senza senso alcuno, a questo fabbrica di traumi, ferite e morti, ormai assuefatti. Bene fa l’Unhcr in un documento di maggio a indicare tutta una serie di misure atte a provvedere sbarchi sicuri, rispetto dei diritti del mare e delle relazioni internazionali, a richiamare le linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare dell’Organizzazione marittima internazionale. Ma la questione da affrontare, il problema dei problemi, è a monte. Per essere credibile, l’Unione europea dovrebbe osservare per l’ultima volta il fenomeno e dire basta, non è più possibile che per chi fugge da situazioni ad alto rischio per la propria vita, l’unica alternativa per tentare un approdo nel vecchio continente siano i trafficanti. Pensare canali legali, gestire i flussi, fare accordi per una redistribuzione equa e rispettosa dei desideri dei migranti, è l’unica vera soluzione. L’accoglienza riservata a milioni di ucraini in fuga dalla guerra (nel caso dei migranti che cercano di arrivare in Europa da Africa o Asia, parliamo di poche centinaia di migliaia) attraverso un decreto che ha aperto i confini e garantito l’ingresso legale in un giorno, è lì a dimostrarci che si può fare.
(Luca Attanasio)
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