I dati 2023 preoccupano un sistema umanitario sempre più vicino al limite
INFO COOPERAZIONE, 22 giugno 2023
Mentre i leader umanitari si incontrano a Ginevra per colloqui volti a migliorare gli aiuti di emergenza, un nuovo studio mette in guardia sui rischi di un sistema umanitario sotto pressione e spinto vicino al limite. Il rapporto Global Humanitarian Assistance 2023, pubblicato questa settimana dagli analisti di Development Initiatives, è un esame annuale del finanziamento internazionale degli aiuti di emergenza. L’analisi di quest’anno dipinge un duro ritratto di un sistema in crisi in cui i fondi dei donatori aumentano ogni anno, ma non tengono il passo con i costi. I tentativi messi in campo per incrementare le risorse, ridurre i rischi, riformare il suo funzionamento per rendere gli aiuti più efficienti e guidati a livello locale, non si sono evoluti abbastanza rapidamente e non tengono il passo delle crescenti esigenze umanitarie.
A prenderne atto i leader politici e delle organizzazioni umanitarie all’annuale incontro sugli affari umanitari organizzato dal Consiglio per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite. Il divario di finanziamento è più ampio che mai poiché l’aumento delle risorse messe in campo non riescono a soddisfare le esigenze di interventi di emergenza resi necessari dai cambiamenti climatici, dai conflitti e dalle turbolenze economiche in corso.
I finanziamenti umanitari da fonti pubbliche e private hanno raggiunto la cifra record di 47 miliardi di dollari l’anno scorso, secondo il rapporto. Ma anche i bisogni umanitari sono aumentati vertiginosamente, lasciando un deficit di 20 miliardi di dollari per gli appelli umanitari sostenuti dalle Nazioni Unite. I bisogni sono cresciuti a tal punto che il divario tra i costi degli aiuti e ciò che è disponibile è cinque volte superiore rispetto a dieci anni fa, affermano gli autori del rapporto.
Le crisi durano più a lungo e diventano sempre più difficili da risolvere. Circa l’83% delle persone bisognose vive in paesi per i quali sono attivi appelli di emergenza sostenuti dalle Nazioni Unite per almeno cinque anni consecutivi e la cifra è in aumento. Anche le cause delle crisi si sovrappongono. Una percentuale crescente di persone bisognose di aiuto vive in paesi che affrontano almeno due delle principali cause di crisi: conflitto, clima o fragilità economica.
Il settore degli aiuti internazionali non è riuscito a diversificare la propria base di finanziamento, lasciando i gruppi umanitari dipendenti da un pool di donatori molto ristretto. Solo tre donatori – Stati Uniti, Germania e UE – hanno rappresentato quasi i due terzi di tutta l’assistenza umanitaria internazionale da fonti pubbliche nel 2022, osserva il rapporto. Gli Stati Uniti da soli rappresentano la metà di tutti i finanziamenti per le emergenze alimentari negli ultimi cinque anni. Questi tre grandi hanno aumentato i loro finanziamenti nel 2022, così come la maggior parte dei 20 principali donatori del mondo.
I dati mostrano che cresce la dipendenza dagli aiuti di emergenza soprattutto in quei paesi che stanno ricevendo meno aiuti allo sviluppo, risorse che potrebbero aiutarli a uscire dalla modalità di emergenza. L’assistenza allo sviluppo ai paesi in crisi a lungo termine è scesa dal 50% al 48% in cinque anni a partire dal 2021, mentre la percentuale di assistenza umanitaria è salita a 41% da una media del 37%. Sembra quindi che il sistema della cooperazione internazionale, al di là dell’assistenza umanitaria, non stia affrontando efficacemente le più ampie esigenze di sviluppo che potrebbero mitigare i disastri, aumentare la resilienza e aiutare le persone a uscire dalla povertà.
I finanziamenti per il cambiamento climatico, per esempio, potrebbero aiutare le comunità a riprendersi e resistere agli shock ma questi stanno arrivando solo ai paesi meno colpiti dalle crisi umanitarie. Le persone nei paesi vulnerabili dal punto di vista climatico che affrontano anche una crisi umanitaria prolungata hanno ricevuto 1 dollaro a persona dai fondi climatici multilaterali, circa un quinto di quanto è andato ai paesi vulnerabili che non registrano una crisi umanitaria di lungo termine.
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