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Abbiamo il dovere morale assoluto di opporci a questa follia omicida a Gaza

a cura di in data 31 Luglio 2025 – 11:33Nessun commento

Le Monde, 31 luglio 2025

Dominique de Villepin
Per l’ex primo ministro, tacere di fronte all’orrore della situazione nell’enclave palestinese non è più possibile, il silenzio sarebbe une forma di complicità. Ognuno ha il dovere di agire e di dare un nome al crimine in corso, afferma egli in una tribuna a “Le Monde”.

Oggi, guardando Gaza, osservando giorno dopo giorno quanto vi accade, devo arrendermi alla tragica evidenza: un crimine si sta svolgendo a Gaza, un crimine di genocidio. Sempre più numerose voci, ivi compreso tra gli storici e le associazioni israeliane, si stanno alzando per dirlo, e io misuro e ammiro il coraggio necessario per farlo, come quello di Omer Bartov e Amos Goldberg, o di B’Tselem e Medici per i diritti umani.

Nel momento in cui si commemora il genocidio di Srebrenica del luglio 1995, che portò alla morte di 8.000 uomini e ragazzi musulmani di Bosnia e allo spostamento coatto di 30 0000 persone, capisco ormai come quel che mi pareva ieri impossibile sia oggi possibile. Io capisco che il silenzio, l’accecamento volontario, la paralisi morale sono le condizioni stesse grazie alle quali il genocidio è possibile.

Come accettare di vedere in questo modo messe fuori gioco le organizzazioni internazionali, sbeffeggiato il diritto internazionale, per non parlare delle pressioni inaudite esercitate sulla giustizia internazionale? Tutti questi attacchi hanno per scopo di mantener la cappa di piombo e di silenzio, poiché queste organizzazioni hanno precisamente per mandato di qualificare e chiamare per nome l’innominabile.

Un chiaro intento

Tacere è rendersi complici. Chiamare per nome è già agire. Sì, bisogna oggi chiamare le cose con il loro nome. A Gaza, sotto ai nostri occhi, è proprio un genocidio che si sta svolgendo. Tutte le forme di morte vi si accumulano: la morte per il seppellimento sotto i bombardamenti incessanti, la morte per fame organizzata, la morte per pallottole per avere voluto strappare qualche grammo di farina da un camion, la morte per l’abbandono assoluto di una popolazione privata di acqua, di elettricità, di farmaci. La morte anche per l’umiliazione quotidiana inflitta ai sopravvissuti, privati non solo dalla loro dignità, ma anche da ogni speranza. Tutte queste forme di morte convergono in un solo luogo con un intento chiaro.

Tale intento non è astratto, è annunciato, proclamato, rivendicato dal governo di Benyamin Netanyahu e di numerosi responsabili politici israeliani che, con la complicità dell’amministrazione americana e la passività degli Stati europei, assumono oramai apertamente il progetto di cancellare tutto un popolo.

Ogni Palestinese, ogni bambino, ogni vita innocente diventa colpevole per assimilazione all’atto terroristico del 7 Ottobre. Ogni Palestinese, ogni bambino è percepito come un ostacolo alla realizzazione del progetto messianico di un Grande Israele. In questa spaventosa logica, tutti diventano colpevoli, tutti sono condannati. Oggi troppe coscienze, ovunque nel mondo, preferiscono non vedere e volgono altrove lo sguardo da questa dolorosa realtà.

Troppo spesso oggi viviamo fuori dalla tragica storia collettiva che si sta scrivendo, in una bolla protetta, in uno spazio mentale, morale e fisico in cui regna l’indifferenza, in cui coloro che vivono confortevolmente possono distogliere lo sguardo dalle atrocità che stanno accadendo a qualche metro da essi. È lo spazio dell’accecamento volontario, quello della complicità passiva.

Voglio rivolgermi oggi alle coscienze, ai popoli, agli Stati, perché siano finalmente rotti il silenzio e l’inazione. Perché ognuno, intellettuale, artista, cittadino, ovunque stia, prenda chiaramente, immediatamente posizione. Perché cessi questa complicità passiva che rende possibili le peggiori tragedie umane.

I nostri Stati hanno i mezzi per agire

Perché, domani, nessuno potrà dire che non sapeva. Noi sappiamo, noi vediamo, noi comprendiamo. Noi abbiamo il dovere morale assoluto di agire, di parlare, di opporci a questa follia micidiale che si sta svolgendo di fronte a noi. Riconoscere questa verità deve più che mai portarci a rifiutare ogni amalgama, ogni essenzializzazione, a rimanere attenti e vigilanti per prevenire ogni rigurgito di antisemitismo.

È giunto il momento in cui la Francia e le nazioni del mondo ritrovino la parola persa dell’onore, quella che rifiuta il genocidio, quella che rifiuta l’inumano. È giunto il momento di tornare a questo primo dovere di ogni politica: proteggere le vite umane, impedire l’irreparabile, preservare l’umanità in ciascuno di noi. Oggi, la storia si svolge implacabilmente. Ci giudica già. Non lasciamole dire che noi non siamo riusciti a salvare Gaza. Non lasciamole dire che siamo stati complici per codardia o per indifferenza. Tanto più che noi sappiamo di potere agire.

Noi sappiamo che i nostri Stati sono in grado di rispondere concretamente. Decretando la sospensione immediata dell’accordo di associazione tra l’Unione Europea e Israele, fintantoché persistono le violazioni dei diritti umani. Sostenendo attivamente e fattivamente le azioni giudiziarie contro i responsabili israeliani di fronte alla Corte Penale internazionale e applicando i suoi mandati di arresto.

Organizzando anche l’avviamento urgente dell’aiuto umanitario, mediante un intervento armato legittimo motivato dal dovere internazionale di proteggere le popolazioni civili; aprendo le porte di Gaza ai giornalisti del mondo intero poiché, infine, la mobilizzazione internazionale per il riconoscimento di uno Stato palestinese vitale, in grado di proteggere i suoi cittadini e di vivere in pace e in sicurezza a lato di Israele.

Ma aldilà di tutti questi mezzi a nostra disposizione, è oggi la mobilizzazione di ognuno di noi, ovunque nel mondo, esprimendo chiaramene e fermamente il suo rifiuto dell’inaccettabile. Soli non possiamo nulla. Insieme possiamo tutto.

Dominique de Villepin è stato primo ministro dal 2006 al 2007.

Il testo è stato tradotto da Hélène Colombani Giaufret

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