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Gaza/Israele, amare (veramente) il prossimo, non tacere più

a cura di in data 7 Maggio 2025 – 21:10Nessun commento

Tenoua.org 7 maggio 2025
di Delphine Horvilleur rabbina e scrittrice

Sui muri della mia sinagoga sono scritte alcune parole, tratte da uno dei versetti più celebri (e capiti meno bene) della Bibbia: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Il detto, come fosse un’evidenza, esprime la buona coscienza delle religioni monoteiste: ci si adagia per convincersi che in fondo si vuole solo bene. È bello ma si sa che queste parole non hanno mai impedito a nessuno, a chicchessia, di ricorrere alla violenza, all’intolleranza o al proselitismo. L’altro ha certo tutto il nostro amore fintantoché è il nostro “prossimo”, ma non appena si fa un po’ più “lontano”, dalle nostre credenze o convinzioni, merita forse ancora la nostra attenzione?

Il fenomeno non è specifico delle religioni. Tendete l’orecchio a tanti discorsi attuali, polarizzati al massimo. La diffidenza è radicale nei confronti del “cattivo” che ci sta di fronte. Ed è particolarmente vero quando si tratta di dibattere del Vicino Oriente.

Immediatamente, ognuno difende il proprio “prossimo” (e unicamente quello), e la parola viene censurata… Si tace per evitare di fornire la minima arma al “campo” avverso. Ogni autocritica minaccia l’unione sacra, diventa tradimento o peggio carburante per un nemico che cerca di distruggerci. Allora, zitti… tacciamo piuttosto che agevolare una qualche ricuperazione. La posta in gioco: la sicurezza delle nostre idee o dei nostri figli.

Ho sperimentato spesso anch’io questa ingiunzione al silenzio. Ho talvolta messo un bavaglio alla mia parola per evitare che alimenti l’immondizia di coloro che mi minacciano, quelli che tacciano di diabolico, di disumano un popolo, e credono di aiutare un altro in questo modo. Ho censurato le mie parole di fronte a coloro che trovano delle scuse ad un’ondata di antisemitismo “qui” in nome di una giustizia assente “laggiù”. Ho sentito in bocca loro gli accenti di un odio ancestrale, la melodia di chi è convinto di essere dalla parte giusta della storia.

Ho taciuto ma, oggi, mi sembra urgente riprendere la parola. Voglio parlare in nome dell’amore del “prossimo”, o piuttosto di quanto questo versetto biblico (tradotto così male) dice davvero.

È scritto: “se tu sai rimproverare il tuo prossimo” allora “amerai il tuo prossimo come te stesso”. Questo amore non ha nulla d’incondizionato o di cieco. Anzi implica, nella Bibbia, di aprire gli occhi di un prossimo, e di porgere nella sua direzione uno specchio perché si osservi.

È dunque per amore di Israele che parlo oggi. Per la forza che mi lega a questo Paese che mi è così vicino, e ove vivono tanti del mio prossimo. Per il dolore di vederlo smarrirsi in una sconfitta politica e un fallimento morale. Per la tragedia subita dagli abitanti di Gaza e la traumatizzazione di un’intera regione.

Come per molti altri ebrei, voglio dire che il mio amore per questo Paese non è quello di un’attesa messianica, di un atto catastale di proprietario o di una sacralizzazione della terra. È un sogno di sopravvivenza per un popolo che nessuno ha saputo o voluto proteggere ed è il rifiuto assoluto dell’annientamento di un altro popolo al fine di realizzarlo. Si tratta della convinzione, già enunciata dai suoi fondatori, che questo Stato deve essere all’altezza di una storia ancestrale e conforme ai termini della sua dichiarazione d’indipendenza, “tendere la mano” a tutti i Paesi vicini e ai loro popoli.

Tale amore per Israele consiste oggi nel richiamarlo ad un soprassalto di coscienza. Consiste nel sostenere quanti sanno che la Democrazia è l’unica fedeltà al progetto sionista:

  • Sostenere coloro che rifiutano ogni politica suprematista e razzista che tradisce violentemente la nostra Storia.
  • Sostenere coloro che aprono gli occhi e i cuori alla terribile sofferenza dei bambini di Gaza.
  • Sostenere coloro che sanno che soltanto il ritorno degli ostaggi e la fine dei combattimenti salveranno l’anima di questa nazione.
  • Sostenere coloro che sanno che senza avvenire per il popolo palestinese non ne esiste nessuno per il popolo israeliano.
  • Sostenere coloro che sanno che non si lenisce nessun dolore e che non si vendica nessun morto affamando degli innocenti o condannando dei bambini.

È soltanto per mezzo di questo sostegno che si palesa un vero amore del prossimo. Non come una promessa sciocca e incondizionata, ma come un’esigenza morale che deve tutelare l’umanità di ognuno di noi e permettere al “prossimo umano”, cioè ad una generazione di nascere e conoscere altro che l’odio

Delphine Horvilleur

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