Dopo la pandemia le ONG si scoprono più resilienti
INFO COOPERAZIONE, 27 Gennaio 2022 – Esattamente un anno fa Open Cooperazione aveva pubblicato i risultati di un’indagine sugli effetti del Covid19 percepiti dalle ONG nella loro azione quotidiana oltre che nelle loro performance economiche. Gli occhi erano puntati sulla chiusura dei bilanci del 2020, il primo anno sul quale potevano vedersi gli effetti della pandemia. Le previsioni, almeno sul piano economico, erano nere: il 68% delle organizzazioni prevedeva di chiudere il bilancio in perdita (il 28% tra 0-10%, il 20% tra 10-20% e il 20% di più del 20%). Oggi quei dati sono consolidati e le più importanti organizzazioni italiane attive nel mondo della cooperazione e dell’aiuto umanitario li hanno inseriti come ogni anno su Open Cooperazione, la piattaforma opendata che aggrega i dati di trasparenza delle organizzazioni del settore.
A sorpresa i dati aggregati relativi all’anno 2020 mostrano un’apparente situazione in crescita, con un valore economico delle ONG italiane che per il terzo anno consecutivo supera il miliardo di euro. Dall’analisi dei bilanci delle prime cento organizzazioni che hanno completato l’inserimento dei dati emerge un trend in crescita del 5,8% rispetto al 2019 (+ 55 milioni) e del 10,2% rispetto al 2018 (+93 milioni), numeri che contraddirebbero le previsioni pessimiste del management delle organizzazioni.
“In realtà questi dati vanno ripuliti da un’anomalia che si è verificata nel 2020 rispetto agli anni precedenti – mette in guardia Elias Gerovasi, curatore del progetto Open Cooperazione. L’Agenzia delle Entrate infatti ha proceduto nel 2020 a due erogazioni del 5×1000, quelle relative agli anni fiscali 2018 e 2019, una doppia entrata che sul bilancio delle ONG vale circa 40 milioni di euro. Se questa doppia entrata non si fosse verificata lo scenario economico del 2020 si presenterebbe con un aumento di poco più dell’1% rispetto al 2019. Sostanzialmente una tenuta del settore dopo il primo anno di pandemia.”
Nessun crollo quindi, ma sicuramente una battuta d’arresto rispetto alle tendenze di crescita alle quali le ONG si erano abituate in periodo pre-Covid (+ 19% dei bilanci sull’ultimo triennio, + 21% di risorse umane attive). Buono il bilancio delle big italiane del settore, nella classifica delle prime venti ONG italiane con un bilancio superiore ai 10 milioni non c’è visibilità della crisi, anzi i segni più prevalgono nettamente (in verde nella tabella gli aumenti rispetto all’anno precedente). Anche in questo caso la situazione sarebbe meno positiva se si tenesse conto della doppia erogazione del 5×1000 nel 2020.
“Il nostro trend di crescita ha subito una temporanea battuta d’arresto nel 2020, ma non abbiamo registrato un effetto travolgente del Covid sul nostro lavoro – registra Giampaolo Silvestri, segretario generale di AVSI. Questo grazie a una combinazione di fattori: la nostra struttura è solida e abbiamo potuto accedere alle misure straordinarie del governo, come la cassa integrazione straordinaria, il doppio 5×1000, la copertura da parte di AICS del co-finanziamento richiesto alle OSC. Insomma l’azione di sistema ci ha aiutato ad attraversare il periodo più duro. Ora si tratta di tradurre in buone pratiche per il futuro le lezioni apprese”.
A soffrire sono state soprattutto le organizzazioni medio piccole, quelle che non sono impegnate nell’aiuto umanitario e che hanno fatto più fatica a differenziare la propria attività sull’Italia, opportunità che invece è stata colta da molte grandi organizzazioni in scia con l’emergenza Covid. È nella fascia di bilancio sotto il milione di euro che nella tabella si concentrano le caselle gialle e rosse. Una sofferenza che secondo molti operatori potrebbe acuirsi negli anni, una specie di effetto “long Covid” sui bilanci economici 2021 e 2022.
Resta molto simile agli anni precedenti la composizione delle entrate, per le ONG il rapporto tra fra fondi pubblici e fondi privati si attesta anche nel 2020 rispettivamente a quota 61% e 39% (era 62-38% nel 2019).
I fondi pubblici arrivano dai cosiddetti finanziatori istituzionali, più del 34% dall’Unione Europea (UE+Echo) quasi il 33% dall’Agenzia italiana per la Cooperazione AICS e dal MAECI (-3%), quasi il 18% dagli enti territoriali attraverso la cooperazione decentrata (-2%) e il restante 14% da agenzie delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali (+4%).
I fondi privati, oltre a quelli derivanti dalle donazioni liberali individuali, arrivano principalmente attraverso il canale fiscale del 5×1000 che come ricordato nel 2020 pesa doppio. In valori assoluti si registra un calo significativo dalla filantropia privata delle Fondazioni, probabilmente dovuto al brusco cambiamento di priorità verso l’emergenza Covid sul territorio italiano. Crescono di qualche milione di euro le entrate da partnership con le aziende a fronte di una diminuzione molto simile dalle chiese.
Ormai stabilizzata la carta geografica della cooperazione internazionale delle ONG italiane che conferma il primato dei paesi africani: Kenya, Senegal, Mozambico, Etiopia, Burkina, e Congo restano i paesi più frequentati e aiutati dalle ONG. Unici paesi non africani nella top 10 sono Brasile, Palestina, Bolivia, India e Peru. Educazione e istruzione restano i temi predominanti dei progetti delle ONG (87%), 73% si occupa di capacity building e formazione e 71% di salute. A seguire l’aiuto umanitario (69%) e il supporto allo sviluppo rurale (66%).
Se il Covid19 non ha intaccato pesantemente i bilanci delle ONG ha però ridotto la loro capacità di impiegare risorse umane, almeno temporaneamente. I dati aggregati relativi alle risorse umane impiegate nel settore in Italia e all’estero mostrano un dato in calo del 7% circa. Un calo quasi totalmente riguardante le risorse umane operanti all’estero da intitolare certamente al blocco della mobilità internazionale nei periodi di confinamento e alla difficoltà di diverse organizzazioni nel rinnovare contratti a progetto in quella fase così incerta. La pandemia ha reso complicato anche il lavoro dei volontari che in molti casi non hanno potuto portare il loro preziosissimo contributo ai progetti delle ONG. È visibile nei dati il calo dei volontari attivi da 81 mila a 74 mila unità, in diminuzione di oltre 200 unità anche il Servizio Civile che ha registrato diversi abbandoni nel periodo del lockdown.
“Il calo dell’impiego di volontari nelle OSC di cooperazione internazionale è un dato sociologicamente rilevante per un mondo numeroso e diffuso di associazioni che coniugano l’impegno di solidarietà in Italia con l’attività all’estero – osserva Silvia Stilli, Portavoce della AOI. Nella nostra rete la maggioranza delle realtà aderenti (150 dirette e oltre 500 indirette) mobilitano un volontariato giovanile nel Servizio Civile Universale, negli stage anche post universitari e con altre modalità: in questi anni, non solo la pandemia, ma in generale le restrizioni dei Paesi di accesso concordate per il servizio civile da Presidenza del Consiglio e MAECI, spesso del tutto ingiustificate, hanno bloccato le partenze di volontarie e volontari, con conseguenze sia sulla gestione delle attività delle OSC di impiego, sia sull’aspetto motivazionale di generazioni che rappresentano un potenziale bacino per cooperanti e dirigenti del mondo associativo. Questo dato va monitorato al fine di tenere aperto il dialogo istituzioni-OSC per affrontare la criticità”.
Un ultimo dato positivo che emerge dall’analisi dei dati è sicuramente la crescita costante delle organizzazioni che sottopongono il loro bilancio economico ad una certificazione esterna operata da auditor di revisione indipendente. Oggi l’80% delle ONG ha un bilancio certificato, dato che arriva al 93% nelle organizzazioni con bilancio superiore a 1 milione di euro, un trend in crescita di oltre dieci punti nell’ultimo triennio.
“L’esame dei bilanci nel periodo più duro della pandemia Covid 19 ci racconta la storia di una straordinaria resilienza del settore che si è impegnato anche in prima fila nel nostro Paese nella risposta alla crisi pandemica – sottolinea Luca De Fraia, Segretario Generale Aggiunto di ActionAid Italia. Open Cooperazione si conferma, ancora una volta, uno strumento unico per fare chiarezza sul valore della cooperazione italiana non governativa che vive di trasparenza e credibilità.”
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