Papa Francesco in Congo
Salute Internazionale, 27 febbraio 2023
Maurizio Murru
Riferendosi alla situazione della Repubblica Democratica del Congo, tanto drammatica quanto trascurata, Papa Francesco ha affermato: “È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca. Non possiamo abituarci al sangue che in questo Paese scorre ormai da decenni, mietendo milioni di morti all’insaputa di tanti”.
Quante divisioni ha il Papa?
“Quante divisioni ha il Papa?” questa frase, attribuita a Stalin in risposta alla proposta di Churchill di associare il Papa alle decisioni prese nella Conferenza di Teheran del 1943, probabilmente, non è mai stata pronunciata[i]. Ciononostante, la sua forza aneddotica rende bene il contrasto fra la potenza militare e quella morale. Nel 1943 il mondo era ancora dilaniato dalla Seconda Guerra Mondiale. Oggi, il mondo è immerso in quella che Papa Francesco ha definito, una “terza guerra mondiale a pezzi […] che oggi, forse, possiamo dire totale”[ii]. Di divisioni, il Papa non ne aveva nel 1943 e non ne ha oggi. Fa uso, ogni volta che può, della sua autorità morale e del rispetto di 1.300 milioni di cattolici[iii]. Lo fa per richiamare l’attenzione di un mondo distratto sulle sofferenze di almeno due miliardi di persone intrappolate in conflitti dimenticati: il numero più alto dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi[iv].
Almeno 170 conflitti nel mondo: in Africa i 10 più dimenticati
Secondo lo “Uppsala Conflict Data Program”, i conflitti in atto nel mondo sono 170[v]. Della maggior parte di essi non si parla. Di alcuni si parla poco. Il Norwegian Refugee Council pubblica, ogni anno, un rapporto sulle “10 crisi più trascurate” al mondo. L’ultimo, pubblicato il 1° giugno del 2022, registra che, per la prima volta, sono tutte e 10 in Africa[vi].
Il quinto viaggio di Papa Francesco in Africa.
Dal 31 gennaio al 5 febbraio, Papa Francesco ha visitato la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan (*), teatro di due delle 10 crisi più trascurate. Due paesi caratterizzati da conflitti che, a fasi alterne, si protraggono da decenni. In entrambi la Chiesa cattolica conta un’alta percentuale di fedeli. La Repubblica Democratica del Congo, con stime che variano fra il 33%[vii] e il 50%[viii] dei suoi 108,5 milioni di abitanti, è il paese africano che ne conta di più. Per quanto riguarda gli 11,5 milioni di Sud-sudanesi, le stime sull’appartenenza alla Chiesa Cattolica variano fra il 30%[ix] e il 52%[x]. Secondo cifre fornite dal Vaticano, i cattolici, ad ottobre 2022, erano circa il 18% degli Africani: 256 milioni su circa 1.400 milioni; cinque milioni in più rispetto al 2021[xi]. Assieme all’America Latina, l’Africa è il continente in cui i fedeli, i sacerdoti e i seminaristi crescono più rapidamente[xii]. Questo è anche dovuto al fatto che la popolazione Africana, con un tasso di accrescimento annuo del 2,5%, cresce più rapidamente di quella di altri continenti[xiii].
Repubblica Democratica del Congo: il cuore cronicamente malato dell’Africa.
La Repubblica Democratica del Congo non è mai stata in pace in tutto il suo enorme territorio (2.345.409Kmq). Attualmente, la maggior parte degli atti di violenza ha luogo nelle sue quattro Province orientali: Nord e Sud Kivu, Ituri e Tanganyika. Qui, secondo il Kivu Security Tracker, operano almeno 121 gruppi armati che, dal 2017 ad oggi, hanno compiuto 6.974 atti violenti rapito 9.602 persone e fatto 19.759 vittime[xiv]. Oltre ai gruppi armati operano in quest’area anche gli eserciti di paesi vicini: quello ugandese nella Provincia dell’Ituri contro il movimento Jihadista ADF (Allied Democratic Forces), quello Burundese nel Sud Kivu contro i movimenti ribelli antigovernativi Red Tabara e FNL (Forces Nationales de Libération)[xv]. L’esercito rwandese è accusato di appoggiare il gruppo M23, accusa che respinge ma che è corroborata dalle Nazioni Unite[xvi]. Nell’aprile scorso, la Comunità dei Paesi dell’Africa dell’Est (East African Community) ha approvato l’invio di una forza militare nell’est della DRC formata da truppe di Kenya, Burundi, Uganda e Sud Sudan[xvii]. Infine, dal 2010, nell’area operano anche i 18.278 effettivi della MONUSCO (Missione delle Naziioni Unite per la Stabilizzazione del Congo)[xviii]. anche Si stima che nell’est della RDC ci siano almeno 4.500.000 sfollati e almeno 800.000 persone abbiano cercato rifugio nei paesi vicini[xix].
L’importante ruolo della Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo
Dapprima legata alla potenza coloniale belga, anche dopo l’indipendenza la Chiesa Cattolica ha giocato un ruolo importante nella vita del paese. I suoi rappresentanti sono stati protagonisti anche in campo politico. Oltre al suo primo Cardinale, Albert Malula, ricordiamo il Cardinale Laurent Monsengwo, morto l’11 luglio del 2021. Fra il 1991 e il 1992, quando era Arcivescovo di Kinshasa, fu Presidente della Conferenza Nazionale Sovrana incaricata di elaborare una nuova Costituzione e stabilire le procedure per il passaggio da uno stato a partito unico (i 32 anni della dittatura di Mobutu Sese Seko) ad uno basato sul pluralismo. Fu anche Presidente del Parlamento di Transizione. L’attuale Arcivescovo di Kinshasa, il Cardinale Fridolin Ambongo Besungu, non lesina critiche alla élite congolese al potere, oltre che alla comunità internazionale, per il silenzio sul saccheggio e sulla violenza che tormentano il suo paese[xx]. Alle ultime elezioni presidenziali, quelle del 2018, la Chiesa Cattolica formò ed inviò 40.000 osservatori in ogni angolo del paese. Secondo i loro resoconti, i risultati ufficiali, quelli che hanno permesso l’insediamento dell’attuale Presidente Felix Tshisekedi, erano fraudolenti e il vero vincitore sarebbe stato Martin Fayulu. Significativamente, per evitare disordini dalle conseguenze imprevedibili, sia la Chiesa che altre organizzazioni della società civile, esortarono i congolesi a non manifestare in modo violento[xxi].
Il discorso del Papa alle autorità congolesi
Il giorno del suo arrivo nella Repubblica Democratica del Congo, nel suo incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico, il Papa ha tenuto un discorso dai toni forti che ha toccato i cronici problemi che tormentano il paese. Ne riportiamo alcuni passi salienti: “…se la geografia di questo polmone verde è tanto ricca e variegata, la storia non è stata altrettanto generosa: tormentata dalla guerra, la Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate, e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato …”. La storia di questo paese è, infatti, la storia di uno sfruttamento spietato che, iniziato nel 1491, con l’arrivo dei portoghesi sulle sue coste, è continuato alla fine dell’800, sotto il giogo di Leopoldo II del Belgio prima e del governo belga dopo, è proseguito sotto la dittatura di Mobutu Sese Seko e continua tutt’oggi ad opera di compagnie e paesi stranieri, occidentali, africani ed asiatici, con la palese complicità di autorità locali corrotte e fameliche[xxii],[xxiii]. La storia di questo biblico saccheggio è ben descritta in due ottimi libri: “Gli spettri del Congo”, di Adam Hochshild e “In the footsteps of Mr Kurtz” di Michela Wrong. Riferendosi a questa situazione tanto drammatica quanto trascurata, Papa Francesco ha affermato: “… È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca[…]Non possiamo abituarci al sangue che in questo Paese scorre ormai da decenni, mietendo milioni di morti all’insaputa di tanti […]. E’ quanto succede da “sempre”, dal sempre umano. Se ne parla per qualche giorno a causa di avvenimenti particolari, come l’uccisione dell’Ambasciatore Luca Attanasio, del Carabiniere Luca Jacovacci e dell’autista Mustapha Milambo il 22 febbraio 2021 non lontano da Goma, capoluogo del Nord Kivu. Se ne parla durante la visita del Papa. Poi si torna a parlare d’altro. E’ sempre successo e continuerà a succedere.
Giù le mani dall’Africa
Il Papa ha allargato il raggio del suo discorso ad abbracciare l’intero continente: […]Dopo quello politico, si è scatenato infatti un “colonialismo economico”, altrettanto schiavizzante […]… e ha lanciato un grido quasi disperato rivolto al mondo intero […]giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare […] un grido di passione e di dolore che sparirà dalle pagine dei giornali e dalla memoria dei loro lettori con la stessa velocità con la quale è stato riportato. E’ ormai in atto da anni quella che è stata definita “La nuova corsa all’Africa”, da parte di varie potenze che intendono accaparrarsi le immense risorse del Continente: il 42% delle risorse mondiali di bauxite, il 38% di quelle di uranio, il 42% di quelle aurifere, il 73% di quelle di platino, l’88% di quelle di diamanti e circa il 10% di quelle petrolifere[xxiv]. In particolare, si stima che il sottosuolo della sola Repubblica Democratica del Congo contenga riserve di vari minerali del valore di circa 24.000 miliardi di dollari[xxv].
L’incontro con alcune vittime della violenza nell’est del paese
Questo toccante incontro si è svolto il 1° febbraio. Le testimonianze delle violenze subite sono state raccapriccianti e scioccanti. Una per tutte: “Sono stata trattata come schiava sessuale e sono stata maltrattata per tre mesi. Ogni giorno ci facevano mangiare polenta di mais e carne degli uomini che avevano ucciso. A volte mettevano le teste delle persone uccise in mezzo alla carne di animali che ci facevano mangiare. A chi si rifiutava di mangiare tagliavano le mani. E ce le facevano mangiare …”[xxvi]. Altre testimonianze sono state dello stesso tenore. “Davanti alla violenza disumana che avete visto con i vostri occhi e provato sulla vostra pelle si resta scioccati. C’è solo da piangere, senza parole, rimanendo in silenzio. […] E prego perché la donna, ogni donna, sia rispettata, protetta, valorizzata: commettere violenza nei confronti di una donna e di una madre è farla a Dio stesso, che da una donna, da una madre, ha preso la condizione umana”[xxvii]. Nella Repubblica Democratica del Congo una donna su due riporta di avere subito violenza almeno una volta nella vita[xxviii]. Nell’est del paese i casi di violenza sessuale si contano a migliaia[xxix]. Quelli che è possibile contare…
Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?
Il Papa non ha risparmiato la classe politica locale: “ … Chi detiene responsabilità civili e di governo è dunque chiamato a operare con limpidezza cristallina, vivendo l’incarico ricevuto come un mezzo per servire la società. Il potere, infatti, ha senso solo se diventa servizio […]Le persone si fidano quando sentono che chi le governa è realmente vicino, non per calcolo né per esibizione, ma per servizio […]. Citando Sant’Agostino, si è spinto oltre: “…«Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?» (De civ. Dei, IV,4).”. Parole forti, in un paese in cui la corruzione pervade tutti i gangli dell’amministrazione pubblica. Secondo Transparency International “… nell’instabile contesto politico della Repubblica Democratica del Congo, la profondamente radicata corruzione facilita le attività di gruppi armati illegali attraverso il traffico di minerali e animali mettendo a rischio la sicurezza delle persone e facilitando il saccheggio delle risorse”[xxx]. L’Indice di Corruzione Percepita di Transparency International del 2022 pone la Repubblica Democratica del Congo al 166° posto su 180 paesi studiati (il 1° è il meno corrotto, il 180° il più corrotto)[xxxi].
Il bacino del fiume Congo: un polmone verde che va preservato …
Conosciamo la sensibilità di Papa Francesco per i temi ambientali, esternata a più riprese e articolata nell’enciclica “Laudato SI’” del 2015[xxxii]. Ha esternato questa sensibilità anche a Kinshasa: “Situata nel cuore dell’Africa, la Repubblica Democratica del Congo ospita uno dei più grandi polmoni verdi del mondo, che va preservato …”[xxxiii]. Il bacino del fiume Congo, condiviso da sei paesi (Cameroon, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale) copre un’area vasta quanto l’Europa Occidentale. Assorbe, ogni anno, il 4% dell’anidride carbonica emessa nell’atmosfera: più di quanta ne emetta l’intero continente africano[xxxiv]. Il governo congolese ha annunciato nel settembre scorso che avrebbe messo all’asta 27 siti per l’estrazione di petrolio e tre per la ricerca di gas naturale. L’annuncio aveva provocato accese e preoccupate proteste da parte di numerose organizzazioni ambientaliste dal momento che i siti in questione si trovano in torbiere naturali, in parte della foresta fluviale e in parte del parco dei Virunga, dove vivono alcuni degli ultimi gorilla di montagna. I tre siti per l’estrazione di gas naturale sono già stati assegnati a due compagnie statunitensi e ad una canadese[xxxv]. L’assegnazione dei 27 siti petroliferi è stata rimandata a data da definirsi, come ha annunciato il 28 gennaio il Ministro per gli Idrocarburi Didier Budimbu[xxxvi].
(Maurizio Murru, Medico di sanità pubblica)
(*) Mercoledì 1° marzo pubblicheremo il post “Papa Francesco in Sud Sudan”.
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